Lasciati alle spalle i vaghi declivi delle colline monregalesi e percorrendo la fondovalle Tanaro dapprima si profila, e quindi si allarga sulla destra, l’imponente massa di marne mioceniche chiamata ‘Langhe’: una presenza fin da subito forte, di deciso impatto sia visivo che emozionale.
Lungo il suo fianco si incontrano alcuni piccoli centri sorti in prossimità del fiume,un po’ in alto rispetto al suo corso,che quasi paiono baluardi o avamposti di quella terra di Langa che qui ha inizio e che, alle spalle di quei borghi, a tratti sembra incombere.Bastia, Clavesana, Farigliano, Monchiero sfilano via via alternandosi a calanchi tufacei grigio-azzurrognoli che fortemente caratterizzano questo paesaggio; un paesaggio in parte disegnato dall’uomo e fatto di vigne e coltivi, in parte ancora selvaggio e ‘naturale’ in cui spiccano le macchie di piccoli boschi, o prendono avvio stretti anfratti poco battuti da piede umano, quasi solchi o fenditure che avanzano profondi nei fianchi delle colline.
E’ questo, metaforicamente, l’estremo confine della vasta pianura cuneese, una sorta di cerniera segnata dal serpeggiare del fiume. Oltre, al di là del Tanaro, iniziano ‘i monti di Langa’: infatti montagna era considerata questa terra collinosa nei secoli passati e spesso come selvatici, schivi e particolari erano indicati molti tra i suoi abitatori.
Quasi un mondo a parte la gente di collina, di Langa per l’appunto che, molto più delle popolazioni di pianura, teneva in considerazione l’acqua, quel bene prezioso che scorreva abbondante a fondovalle, così raro lassù dove si coltivava la vite e si pascolavano capre…Proprio per questo, e per altri motivi, i paesi ‘di cerniera’ come questi prima incontrati rappresentavano un qualcosa a parte, erano luoghi radicati nella collina, ma con i piedi a bagno nel fiume, mentre dinnanzi a loro si apriva l’ampio orizzonte della pianura e l’occhio spaziava sino a comprendere l’estrema catena alpina.
Alle spalle e di fronte ai borghi chiamati Bastia, Clavesana, Farigliano, Monchiero si dipanavano realtà opposte e differenti, iniziava un altrove più rude, difficile e misterioso nella terra di Langa, più civilizzato e meno avaro tra le contrade di pianura.
E questi luoghi rappresentavano tra l’una e l’altra cosa il guado ed il porto, erano passo obbligato e punto di controllo di merci e di uomini, sosta e gabella.
A volte confine. Per questo motivo furono contesi e difesi nella lunga stagione medievale che era seguita a un altrettanto lungo periodo romano dove la pur lontana vigilanza di Roma aveva permesso un clima di pace e benessere alle genti qui insediate che vivevano principalmente di agricoltura, pastorizia e scambi.Dunque terra di antica memoria e frequentata da tempi remoti che in epoca medievale vide le sue genti arroccarsi e combattere per contendersi lembi di territorio, passi, guadi e strade, sovente con azioni e rappresaglie di ferocia inaudita.
Ma tutto ciò rappresentava la norma, mentre carestie e malattie epidemiche erano all’ordine del giorno e la morte serpeggiava tra le contrade: una presenza costante come il fiume, uno scorrere quotidiano ma variabile, fatto di piene e di secche, di caldo e di ghiaccio, di polvere e di umido.